«Il governo regionale attribuisce grande importanza al fervore culturale di questa città. Il suo futuro è legato alla capacita di raccontare il suo passato e rendere popolare e accattivante questa narrazione. E l’Etna è un brand che non conosce ostacoli: nel mondo è più conosciuto della Sicilia».
Lo ha detto il presidente della Regione Nello Musumeci, inaugurando a Catania la mostra “Etna 1669. Storie di lava” ospitata nel Palazzo centrale dell’Università. Voluta e finanziata dalla Regione Siciliana, che ha affidato alla cura della soprintendenza per i Beni culturali e ambientali etnea, in collaborazione con l’ateneo e con la partecipazione dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio etneo, la mostra conclude la rassegna di eventi, realizzati nel corso del 2019, per ricordare i 350 anni dalla straordinaria eruzione dell’Etna, tra le più estese e documentate nella storia, ancora presente nella memoria collettiva.
Al taglio del nastro presenti la professoressa Alessia Tricomi, delegata del rettore alla Terza missione dell’Università, il sindaco metropolitano Salvo Pogliese, il prefetto Maria Carmela Librizzi, l’arcivescovo Salvatore Gristina, la soprintendente dei Beni culturali Donatella Aprile e la professoressa Germana Barone, delegata al Sistema museale di ateneo.
«Il vulcano – ha proseguito Musumeci – non è solo uno straordinario monumento vivente della natura, ma anche uno straordinario polo di attrazione turistica. Questa città e questa regione hanno bisogno di fare del turismo uno dei settori trainanti della nostra economia. Il turismo oggi si muove su un piano competitivo e la sfida si gioca sulla qualità dei servizi offerti. L’Etna è lo strumento giusto. Tanto che questa mattina abbiamo presentato anche il progetto del Museo dell’Etna che sorgerà nell’ospedale Vittorio Emanuele, luogo lambito dalla colata del 1669».
Il percorso espositivo – emotivamente coinvolgente – ripercorre la storia del fenomeno eruttivo, documentato nelle cronache del tempo, descrivendo lo stravolgimento del territorio etneo e le conseguenze sugli abitanti. In mostra preziose opere salvate dalla popolazione in fuga al sopraggiungere della lava, cronache del tempo, un ricco patrimonio documentale, artistico e scientifico, in parte inedito, e ancora oggi prezioso strumento per la ricerca scientifica del territorio etneo.
«In questa mostra – ha detto la professoressa Tricomi – mettiamo insieme la montagna simbolo di fertilità della nostra terra, la colata lavica simbolo di potenza e una parte più contemporanea in cui l’Etna è al centro della ricerca scientifica in varie discipline e qui l’università diventa protagonista».
Gli oggetti e i libri esposti provengono da collezioni di musei, biblioteche e chiese della provincia di Catania e da collezioni private. A una sezione storica si affianca quella squisitamente scientifica, nella quale i diversi dipartimenti universitari documentano le recenti e multidisciplinari attività di ricerca condotte nelle aree Etnee. Di particolare impatto la sezione real time curata dell’Ingv-Osservatorio etneo, che mostrerà – in tempo reale – la rete di monitoraggio delle aree vulcaniche della Sicilia. La mostra, a ingresso gratuito, rimarrà aperta fino al 30 ottobre.
«Questa mostra – ha evidenziato la soprintendente Aprile – è l’atto conclusivo della rassegna ideata e proposta dall’Ingv di Catania e dalla sezione di Catania del Cai, per ricordare i 350 anni dalla straordinaria eruzione dell’Etna del 1669».
All’esposizione hanno collaborato molte realtà: l’Arcidiocesi di Catania, il Santuario della Madonna della Sciara di Mompileri, il Museo d’arte sacra della Chiesa di Santa Maria delle Grazie di Misterbianco, la Diocesi di Acireale, il Santuario di Santa Maria Assunta di Randazzo, il Museo civico di Castello Ursino, la Biblioteca regionale universitaria, la Biblioteca Zelantea di Acireale, le Biblioteche riunite Civica- Ursino Recupero. Senza dimenticare i Comuni di Catania, Belpasso, Camporotondo Etneo, Gravina, Mascalucia, Misterbianco, Nicolosi, San Pietro Clarenza e Pedara e insieme a loro la Fondazione Bufali di Belpasso e l’Associazione culturale Monasterium Album di Misterbianco, oltre al Cai etneo che ha curato e coordinato le escursioni organizzate nel corso del 2019.
Il direttore dell’Ingv di Catania Stefano Branca ha fatto un excursus storico sull’eruzione del 1669: le bocche eruttive a bassa quota (850-775 metri) e l’area coperta dalla colata sono state un record degli ultimi 400 anni. «Per la città e l’Etna – ha sottolineato – fu l’evento più importante dal punto di vista vulcanologico, ma anche storico: quell’anno fu definito l’anno della grande “ruina”».
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