Droga: blitz Cc nel Catanese, capo dava ordini dal carcere

Una presunta organizzazione accusata di gestire il traffico e lo spaccio di droga, in particolare marijuana e cocaina, a San Giovanni La Punta e nei vicini paesi etnei e’ stata sgominata dai Carabinieri del Comando provinciale di Catania. Militari dell’Arma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip, nei confronti di 17 indagati. Tra i reati contestati, a vario titolo, anche l’associazione per delinquere. Dalle indagini dei carabinieri della compagnia di Gravina di Catania, coordinate dalla Dda etnea, e’ emerso che il presunto promotore e organizzatore del traffico sarebbe stato un detenuto della casa circondariale di Caltagirone che comunicava con l’esterno grazie un telefono cellulare entrato illegalmente nel penitenziario. Secondo l’accusa l’associazione era capace di incassare oltre 10.000 euro a settimana dallo spaccio di marjuana e cocaina. L’operazione, denominata Koala, ha fatto luce anche sui clienti del gruppo. Tra loro, e’ spiegato in una nota degli investigatori, ci sarebbero stati consumatori che erano percettori del reddito di cittadinanza e che, ricostruiscono i carabinieri, avrebbero usato anche soldi del sussidio per comprare la sostanza stupefacente. Tra i fornitori del sodalizio e’ emersa la figura di un incensurato, che ha un figlio detenuto ed in affari con il vertice dell’organizzazione criminale, e che, secondo l’accusa, avrebbe utilizzato i locali del Caf del patronato da lui gestito nel centro di Catania per effettuare le consegne della droga.
Nell’ambito dell’operazione Koala dei carabinieri il Gip ha disposto la custodia in carcere per 14 indagati, gli arresti domiciliari per uno e l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria per altri due. Al centro dell’inchiesta indagini di militari dell’Arma, da marzo a luglio 2021, avviate dopo l’arresto di Gaetano Rizzo che, sostiene la Procura di Catania, sebbene detenuto nel carcere di Caltagirone, con l’uso di telefoni cellulari, sarebbe riuscito a gestire il traffico di droga, dando disposizioni sullo spaccio e sull’acquisto delle forniture. Nella sua abitazione, dove continuava a vendere droga nonostante fosse ai domiciliari, i carabinieri avevano in passato sequestrato un manoscritto che conteneva verosimilmente la contabilita’ dell’associazione. L’indagine, basata anche su intercettazioni telefoniche ed ambientali, oltre che su videoriprese e pedinamenti, avrebbe fatto luce su un gruppo che lavorava secondo una precisa suddivisione dei compiti e orari e con una ‘cassa comune’. L’incasso sarebbe stato di circa 10.000 euro settimanali a fronte di un presunto approvvigionamento di 14.000 euro mensili di cocaina. La banda effettuava prevalentemente consegne a domicilio, utilizzando anche l’auto della compagna del Rizzo. Il sodalizio non si sarebbe limitato solamente alla cessione al dettaglio, ma sembra aver fornito sostanza stupefacente anche ad intermediari interessati allo smercio. Dalle indagini dei carabinieri sarebbe emersa la presenza di stabili fornitori che, in tempi diversi, avrebbero approvvigionato il sodalizio: dapprima, secondo l’ipotesi investigativa da sottoporre ancora al contraddittorio delle parti, le sarebbero state effettuate da Daniele Carmelo Zappala’ e, successivamente, da Salvatore Strano e da suo figlio Gioacchino, detto “Joy”. Il contatto con quest’ultimo sarebbe avvenuto durante un periodo di detenzione in comune tra lui e Rizzo.
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